EcoFoodFertility: un nuovo modello per la valutazione dell’impatto ambientale sulla salute umana e per la prevenzione primaria nelle aree a rischio

Ecofoodfertility: Un nuovo modello per la valutazione dell’impatto ambientale sulla salute umana e per la prevenzione primaria nelle aree a rischio

A cura di Serena Di Nardo – Sorveglianza Epidemiologica Emilia-Romagna – IZSLER

Si chiama EcoFoodFertility ed ha avuto origine in Campania un progetto scientifico sperimentale innovativo, nato nel 2015 con l’intento di dimostrare l’esistenza di un filo diretto che lega l’ambiente, il cibo e l’uomo.

Da tempo si parla dell’aumento preoccupante dell’ infertilità nella popolazione e dei possibili ruoli che l’inquinamento ambientale potrebbe avere in questo fenomeno. Diverse iniziative nazionali ed europee si sono soffermate sull’impatto dell’ambiente sulla salute e in particolare sulla salute riproduttiva, con importanti risultati dal punto della ricerca e della valutazione del rischio; tuttavia, nessuno prima d’ora aveva pensato che lo studio del liquido seminale maschile potesse essere utilizzato come “sensore” per seguire l’andamento della situazione ambientale. L’idea è stata del dott. Luigi Montano, medico andrologo dell’Asl di Salerno, esperto in patologia ambientale, creatore e coordinatore di EcoFoodFertility. Il progetto mira ad utilizzare le alterazioni quali-quantitative del liquido seminale come chiave di lettura per interpretare il livello di qualità ambientale, e le sue variazioni nel tempo, nonché il potenziale rischio per la salute -non solo riproduttiva, ma complessiva- delle popolazioni in relazione al contesto di vita e ad eventuali interventi su ambiente, alimentazione e stili di vita. Vi lavora attualmente un team di cinquanta ricercatori tra medici, biologi, tossicologi, genetisti, medici veterinari, ingegneri, informatici, epidemiologi, nutrizionisti di diversi istituti di ricerca (tra cui CNR, ISS e IZSM) e atenei in Italia e in Europa. L’interdisciplinarietà del progetto dimostra ancora una volta che il concetto di One Health è reale e attuale, e richiede il contributo di diverse professionalità che collaborano per raggiungere il medesimo obiettivo. A questo proposito, l’Italia può sicuramente vantare un approccio multidisciplinare alle tematiche di sanità pubblica, grazie alla presenza di un servizio sanitario nazionale pubblico che raduna diverse competenze.

La prima parte del progetto si è conclusa con la pubblicazione, sulla rivista Reproductive Toxicology, dei risultati di una ricerca sperimentale condotta su due gruppi (casi e controlli) omogenei di volontari maschi adulti in età fertile, clinicamente sani, residenti in due aree della Campania: una ad alto rischio ambientale, corrispondente alla cosiddetta Terra dei Fuochi, l’altra a basso rischio ambientale, situata nella zona più a sud della regione, conosciuta come Alto-medio Sele. I ricercatori hanno analizzato il sangue e il materiale seminale dei soggetti selezionati, verificando il livello di metalli pesanti presenti. I risultati dello studio rivelano una alterazione del pattern di elementi chimici nei due gruppi, ma anche nelle due matrici. Questo non permette ancora di stabilire con certezza se si tratti di un effetto diretto dell’esposizione ambientale agli inquinanti chimici o se sia il risultato dell’azione di altri fattori che altererebbero il metabolismo dei micro e macroelementi. L’elemento interessante è piuttosto l’evidenza di alterazioni qualitative (es. ridotta motilità) e l’incremento del danneggiamento del DNA spermatico nei casi rispetto ai controlli. E’ stata inoltre riscontrata una significativa correlazione inversa tra la percentuale di spermatozoi immobili ed il livello di markers RedOx nel seme (TAC e GSH), suggerendo che questi riscontri potrebbero rappresentare degli indicatori biologici precoci di inquinamento ambientale. Le alterazioni dei markers di stress ossidativo è stata riscontrata esclusivamente nel materiale seminale, e non nel sangue. Questo significa che, nello studio, il seme si è rivelato una matrice più sensibile e precoce all’ inquinamento ambientale rispetto al sangue.

Ma in che modo gli inquinanti ambientali riuscirebbero a determinare effetti negativi sulla salute? Gli elementi di congiunzione sono molteplici: l’aria, l’acqua, il cibo. La scelta della Terra dei Fuochi come zona ad alto rischio non è casuale: quest’area comprende le province a Nord di Napoli e il basso casertano, ed è tristemente nota per il criminoso sversamento di rifiuti tossici e radioattivi, avvenuto a partire dagli anni ’70. Alcune aree del territorio che Plinio il Vecchio chiamò Campania felix, celebrandone la fertilità dei terreni vulcanici, resi ancor più fecondi dal fiume Volturno, sono state lentamente e silenziosamente contaminate. La bonifica di questi territori è estremamente costosa e richiederà decenni. Le drammatiche conseguenze sono evidenti soprattutto sulla salute dell’uomo e degli animali che vi abitano, ed è qui che il gruppo di ricerca ha deciso di intraprendere i primi passi per fornire una base scientifica alla correlazione tra il tasso di inquinamento e l’incremento vertiginoso delle patologie cronico-degenerative.

La ricerca recentemente pubblicata si propone come studio pilota ed apre le porte alla seconda fase del progetto, che ha una funzione prettamente educativa e preventiva. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i cittadini sull’importanza di adottare stili di vita sani per contrastare il più possibile gli effetti negativi causati dall’ambiente in cui si vive. In particolare, l’alimentazione ha un effetto modulante sul bioaccumulo di inquinanti nell’organismo. Il cibo, dunque, assume un duplice significato: da una parte, è veicolo dei contaminanti chimici presenti nell’ambiente, dall’altra, ha una funzione salvifica, grazie soprattutto alla sua composizione nutrizionale. Ecco che, nella scelta di condurre uno stile di vita sano, è necessario privilegiare un’alimentazione ricca di alimenti funzionali e detossificanti -come i vegetali- ricchi di antiossidanti necessari per inattivare i radicali liberi e proteggere i tessuti dallo stress ossidativo.

La fertilità diventa un importante indicatore della salute, e lo è soprattutto quella maschile. Per motivi culturali, infatti, l’uomo tende a sottovalutare la possibilità che esistano fattori variabili in grado di alterare, nel tempo, la propria capacità riproduttiva. Ma quando parliamo di funzione riproduttiva, non ci riferiamo esclusivamente all’azione di xenobiotici genotossici o di interferenti endocrini sull’integrità e sulla funzionalità dei gameti, ma anche alle alterazioni genetiche ed epigenetiche trasferibili alle generazioni future. Per questo motivo il problema dell’inquinamento ambientale non può essere procrastinato e richiede urgenti misure di risanamento dei territori contaminanti. Non solo valutazione del rischio, dunque: il progetto insiste sulla comunicazione e sulla gestione del rischio, che richiede un’azione integrata sulle emissioni ambientali, sulle filiere alimentari e sugli stili di vita individuali.

EcoFoodFertility ha avuto finora un ampio riscontro mediatico, al punto da estendersi fino a coinvolgere altre aree critiche in Italia e nell’Unione Europea; di recente il Ministero della Salute ha finanziato una parte del progetto su tre aree pilota (Brescia-Caffaro, Val di Sacco, Terra dei fuochi). Giova senz’altro il fatto che le politiche europee siano da sempre molto attente all’agricoltura e all’ambiente. Le evidenze preliminari sono incoraggianti; è importante che il progetto prosegua, incontrando la più ampia partecipazione possibile, e che serva da incentivo per la costruzione di una piena coscienza civile ambientale, condizione fondamentale per preservare la salute dell’ambiente e delle generazioni attuali e future.

Riferimenti bibliografici all’articolo:

Bergamo P., Volpe M.G., Lorenzetti S., Mantovani A., Notari T., Cocca E., Cerullo S., Di Stasio M., Cerino P., Montano L., Human semen as an early, sensitive biomarker of highly polluted living environment in healthy men: A pilot biomonitoring study on trace elements in blood and semen and their relationship with sperm quality and RedOx status. Reproductive Toxicology, 66 (2016), pp. 1-9.

Vecoli, C., Montano, L. & Andreassi, M.G., Environmental pollutants: genetic damage and epigenetic changes in male germ cells.Environmental Science and Pollution Research, (2016) 23: 23339.

Montano L., Raimondo S., Notari T., Bergamo P., Rossi M., Luongo D., Volpe M.G., Iannuzzi L., Valutazione dell’impatto ambientale sull’integrità del DNA nemaspermico mediante misurazione della proteina p53: dati preliminari (Progetto EcoFoodFertility). Archivio Italiano di Urologia e Andrologia, 87 (Suppl.1):2, 2015

Montano L., Notari T., Raimondo S., Bergamo P., Rossi M., Luongo D., Volpe M.G., Iannuzzi L., Evaluation of Environmental Impact on Sperm DNA integrity by Sperm Chromatin Dispersion Test ad p53 Elisa: Preliminary data. (EcoFoodFertility Project). Reproductive Toxicology. Vol. 56: 20, 2015.

Montano L., Iannuzzi L., Rubes J., Avolio C., Pistos C., Gatti S., Raimondo S., Notari T., EcoFoodFertility – Environmental and food impact assessment on male reproductive function.Andrology 2(Suppl.2):69, 2014.

Link: http://www.ecofoodfertility.it/index.php